Leonida Bissolati
fondò «L'eco del popolo»
Fu uno dei più importanti esponenti del movimento socialista italiano a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Figlio naturale, con il nome di Leonida Bergamaschi, venne poi adottato all'età di 18 anni da Stefano Bissolati. Il padre adottivo aveva rinunciato alla veste talare a 37 anni divenendo successivamente direttore della biblioteca comunale di Cremona.
Leonida Bissolati si laureò in legge a vent'anni a Bologna, aderì ai movimenti socialisti, e fu consigliere comunale a Cremona inizialmente nelle file dei radicali per poi aderire al movimento socialista. Dal 1880 fu eletto per 18 anni con incarichi all'Assessorato all'istruzione. Nella sua città natale esercitò la professione di avvocato pubblicando numerosi articoli su riviste e quotidiani.
Nel 1885 sposò Ginevra Coggi, morta di tisi nel 1894. In seguito, ebbe come compagna Carolina Cassola, in libera unione fino alle nozze avvenute nel 1913.
Tra il 1889 e il 1895 organizzò le agitazioni contadine e le lotte sociali per ottenere migliori condizioni di vita nelle campagne. Nel 1889 fondò «L'eco del popolo», che successivamente divenne l'organo locale del Partito Socialista Italiano e pubblicò una parziale traduzione del Manifesto di Marx e Engels. Nel 1896 divenne direttore di Avanti!, organo ufficiale del Partito Socialista Italiano. Diede le dimissioni nel 1903 per poi accettarne nuovamente la direzione, tra il 1908 ed il 1910.
Nel 1897 fu eletto al Parlamento italiano come deputato nel collegio di Cremona. Nel febbraio del 1912, la sua mancata opposizione alla Guerra italo-turca provocò le sue dimissioni da parlamentare e gli valse accuse di sciovinismo da parte di Lenin. Cinque mesi più tardi fu espulso dal Partito Socialista Italiano. Bissolati non rinunciò tuttavia all'attività politica, concorrendo alla fondazione del Partito Socialista Riformista Italiano insieme a Bonomi e Cabrini e diventando nel 1916 ministro dell'Assistenza del governo Boselli e in quello successivo di Orlando. In questo ruolo ebbe contatti diretti con i generali italiani impegnati sul fronte della prima guerra mondiale.
Alla fine del conflitto concordò le linee di frontiera in accordo coi principi della Società delle Nazioni, ma i contrasti che ne derivarono lo spinsero a dimettersi dal governo il 28 dicembre 1918. Le clamorose dimissioni suscitarono dubbi e perplessità persino negli ambienti riformisti vicini a Bissolati e furono messe in relazione a presunti contrasti sorti tra l'esponente riformista e Bonomi.
La successiva conferenza indetta alla Scala per spiegare la propria posizione divenne uno dei momenti topici della crescita dell'interventismo violento e antidemocratico dei Fasci di combattimento, degli Arditi e del movimento futurista.
La sera dell'11 gennaio 1919 sancì anche la rottura di Mussolini con l'interventismo democratico ma non la stima e la simpatia tra i due politici. Infatti, in occasione delle elezioni del 1919, Mussolini ordinò ai fascisti cremonesi di far confluire i voti su Bissolati.
Morì a Roma nel 1920 per un'infezione post-operatoria. È sepolto nel Cimitero del Verano.